martedì 26 giugno 2007

mercoledì 20 giugno 2007

San Gaio,protettore dell'allegria!!!!!!!!!!!!

roma pride 2007
reginella special
non poteva mancare!!
grazie gay people
per tutta l'allegria
che mi trasmettete!!!

venerdì 15 giugno 2007

...la vera differenza tra uomo a animale...sarà la ragione?

G8 di Genova, dopo il racconto di Fournier al processo parla l'allora comandante del reparto celereIl questore Canterini: "C'era una macedonia di polizia. Quando entrai era tutto finito: vidi sangue ovunque"

"Alla Diaz fu una notte cruentama il macellaio non sono io"
di CARLO BONINI

Il questore Vincenzo Canterini al centro di un gruppo di agenti in divisaLa voce del questore Vincenzo Canterini arriva da Bucarest. Il Viminale ce lo ha spedito due anni fa a occuparsi di traffico di organi ed esseri umani presso una struttura Interpol, mettendo il mare tra lui e il Reparto celere di Roma, tra lui e la scuola "Diaz" di Genova, dove, la notte del 21 luglio del 2001, agli uomini che allora comandava venne ordinato di fare irruzione.
Sessantatrè feriti.
Una "macelleria messicana", per usare le parole del vicequestore Michelangelo Fournier, che di Canterini era il vice.
"Io un macellaio non lo sono mai stato", dice lui. Insiste: "Capito? Chi parla non è mai stato un macellaio. E' un signore che è in polizia da 41 anni, fa sindacato con il "Consap" e vive in Romania, dove l'Amministrazione gli ha chiesto di andare. Detto questo, sapete quando Fournier ha parlato di "macelleria messicana"? Dieci giorni dopo quella notte. E sapete con chi? Con il Procuratore di Genova dove si era presentato spontaneamente per riferire quel che aveva visto. E sapete chi lo aveva accompagnato dal procuratore? Vincenzo Canterini. Dunque, sono un macellaio io?". Dunque, la macelleria c'è stata?
"Il termine è folcloristico. Ma non c'è dubbio che è stata una notte cruenta".
In fondo,lei ha detto di aver visto sangue.
"Certo che l'ho visto. Ne ho visto tanto e dappertutto". Ha visto poliziotti picchiare donne e uomini inermi? "No".
E Fournier, allora? Ha ammesso di aver visto e interrotto il pestaggio di una ragazza a terra.
Si è scusato per aver taciuto sei anni questa circostanza. Lui ha visto e lei no?
"Premesso che Fournier è come un figliolo per me, io e lui diciamo in fondo la stessa cosa". "In fondo", lei ha appena detto di non aver visto nessun pestaggio.
"Come ho ripetuto per tredici ore al processo di Genova, come spiegai nell'immediatezza dei fatti alla Commissione di inchiesta e appunto al procuratore di Genova dove andai insieme a Fournier, quando entrai nella "Diaz" era tutto finito. Cominciai a salire le scale della scuola e mi fermai al primo piano, proprio quando sentii le urla di Fournier".
Cosa vide?
"Fournier era vicino a una ragazza ridotta malissimo. E mi diedi da fare per far soccorrere lei come gli altri feriti che erano nella scuola".
Qualcuno la testa l'aveva rotta a quella ragazza.
"Non gli uomini del mio reparto. Non a caso, Fournier dice di essersi dovuto togliere il casco e di aver gridato "Basta!" a chi la stava picchiando. Se fossero stati i nostri ragazzi, Fournier non avrebbe avuto necessità di togliersi il casco, perché il nostro intero reparto era connesso da interfono. Avrebbe usato quello".
Dunque, lei arriva a cose fatte e né quella notte, né successivamente, riesce a venire a capo di chi si è comportato da macellaio. È così?
"Quella notte, dentro la Diaz, c'era una macedonia di polizia". Una "macedonia"? "Come si vede dai filmati, nella scuola entrarono almeno in 300. I miei uomini erano solo 70. Poi c'erano colleghi di altri reparti celeri, identici a noi per abbigliamento se si eccettua il cinturone bianco. C'erano agenti con l'Atlantica (camicia a maniche corte ndr.), agenti delle squadre mobili con pettorina e casco, poliziotti dell'Anticrimine. Di tutto, insomma".
Insisto. La notte della "Diaz" le ha cambiato la vita. Da due anni vive a Bucarest, e in tutto questo non è riuscito a venire a capo di chi si abbandonò alle violenze. "Che vuole che le dica? È così. Che devo fare? Appena rientrai a Roma, chiesi tutte le relazioni di servizio di chi era stato nella scuola quella notte. Ma non seppi allora e non so oggi chi si è reso responsabile delle violenze".
Nella "Diaz" i suoi uomini rimasero a braccia conserte?
"Ma no. Non dico questo. È ovvio che qualche manganellata l'avranno data. Ma so per certo che nessuno dei miei uomini ha mai picchiato una donna o un uomo a terra. Né ha mai ricevuto ordini di questo genere. E non lo dico solo io".
Chi altro lo dice?
"Evidentemente non lo sa nessuno, ma soltanto su 2 dei 78 tonfa (i manganelli ndr.) in uso al mio reparto quella notte, le perizie del Ris dei carabinieri hanno trovato tracce di sangue. E quei due tonfa erano in dotazione a due agenti rimasti feriti, Ivo e Parisi. Dunque, è molto probabile che il sangue sia il loro. Dico di più. A Genova, Vincenzo Canterini è imputato di un solo presunto reato. Non violenze, non pestaggi. Ma di aver stilato una relazioncina di servizio al questore di 15 righe sui fatti di quella notte che non sarebbe stata veritiera".
Tacere la verità non è un vanto per un funzionario di polizia.
"Io non ho taciuto un bel niente. Io riferii al Questore quello che avevo visto. Avevo visto la pettorina e il giubbotto di uno dei miei squarciato da una coltellata e la perizia del tribunale, al contrario di quel che affermò inizialmente il Ris dei carabinieri, ha stabilito che quella coltellata fu inferta. Ho visto venire giù di tutto dai piani alti della scuola e infatti tredici dei miei sono finiti in ospedale. Quali bugie ho detto?".
A distanza di sei anni ci sarà qualcosa che si rimprovera di quella notte. O no?
"Mi rimprovero di non essere riuscito a imporre una soluzione diversa da quella che poi fu adottata. Ma è anche vero che non ne ebbi modo".
Quale soluzione diversa?
"Suggerii a chi comandava in quel momento di tirare all'interno della scuola qualcuno dei potenti lacrimogeni di cui avevamo dotazione. E di aspettare che chi era dentro uscisse. Ma non ci fu verso".
A chi lo suggerì?
"All'allora vicecapo della polizia e capo dell'Antiterrorismo Arnaldo La Barbera". Arnaldo La Barbera è morto. Non può né confermare, né smentire.
"E infatti faccio a fatica e mi dispiace doverne parlare. Ma queste cose le ho dette già sei anni fa, quando il povero Arnaldo, un amico, era ancora vivo. Io non so con chi si consultò a sua volta La Barbera. So cosa venne deciso e so che quando l'irruzione cominciò io rimasi fuori dalla scuola e il mio reparto passò sotto il comando di due funzionari della Digos di Genova".

giovedì 14 giugno 2007

....che ribrezzo...

CITTÀ DEL VATICANO - La Santa Sede rompe i ponti con Amnesty International. Il cardinale Renato Martino, presidente del Consiglio Giustizia e Pace, annuncia da New York la sospensione di ogni aiuto finanziario all'organizzazione, che da decenni difende i diritti umani in tutto il mondo e che lui stesso definisce benemerita. La colpa, secondo il Vaticano, ricade su Amnesty per la sua scelta di considerare anche l'aborto un diritto fondamentale da tutelare. "Conseguenza inevitabile di tale decisione - dichiara il cardinale Martino alla rivista americana National Catholic Register - sarà la sospensione di ogni finanziamento ad Amnesty da parte delle organizzazioni ed anche dei singoli cattolici". Il porporato ha soggiunto che "grazie a Dio non esiste un diritto di aborto internazionalmente riconosciuto come si deduce dalla conferenza Onu del Cairo sulla popolazione, che ha escluso l'aborto come mezzo lecito di controllo delle nascite". Amnesty ha subito replicato: "Non abbiamo mai ricevuto denaro dal Vaticano o da organi che dipendono dalla Chiesa cattolica". Proprio a garanzia dell'indipendenza dell'organizzazione lo statuto esclude la possibilità di ricevere fondi da governi, confessioni religiose, enti di qualsiasi genere. La dura presa di posizione vaticana - il cardinale Martino ha parlato di "rammarico" - si inquadra nell'offensiva globale che papa Wojtyla ieri e papa Ratzinger oggi conducono contro "l'aborto legale e sicuro" in tutte le organizzazioni internazionali. Cinque anni fa il Vaticano, insieme al governo americano e ai paesi islamici, condusse una lotta durissima per eliminare dal progetto sanitario dell'Unicef sia la piena educazione sessuale dei minori sia la garanzia dell'assistenza all'aborto. Dove il progetto parlava di "servizi medici della riproduzione" (che includevano l'interruzione delle gravidanze non desiderate), il delegato della Santa Sede, sostenuto a spada tratta dal rappresentante dell'amministrazione Bush e dal blocco degli stati musulmani, riuscì a imporre una modifica. Sicché il testo finale sancì unicamente "cure mediche della riproduzione".
Recentemente (nel febbraio di quest'anno) papa Ratzinger ha deciso che la Santa Sede non avrebbe firmato la convenzione dell'Onu sui diritti dei disabili, perché il documento contiene riferimenti espliciti alla possibilità di abortire nel caso di feti malformati. Ancora una volta pietra d'inciampo sono stati i paragrafi dedicati alla "salute riproduttiva". L'ambasciatore vaticano presso il Palazzo di Vetro ha respinto l'idea che una malformazione del feto possa essere considerata una "precondizione per offrire o ricorrere all'aborto". Adesso il cardinale Martino, che tra l'altro guidava la delegazione vaticana alla conferenza Onu del Cairo nel 1994, accusa Amnesty di "tradire le finalità istituzionali dell'organizzazione", piegandosi alle pressioni delle "lobbies abortiste internazionali". Ma Amnesty respinge decisamente l'accusa di una "svolta abortista" della propria linea. Riccardo Noury, portavoce della sezione italiana, ribatte che l'organizzazione ha deciso di occuparsi dell'aborto laddove si tratti di garantire il diritto alla salute delle donne e di tutelare la loro condizione di vittime di aggressioni sessuali. La scelta è nata nell'ambito del progetto "Mai più violenza sulle donne", che ha rivelato la drammatica realtà di tantissime donne e bambine. Amnesty, specifica Noury, chiede la fine della repressione penale contro le donne che hanno abortito e il diritto all'aborto per le donne "vittime di violenze sessuali o incesto" oppure minacciate nella loro salute. Non sarà, invece, strategia dell'organizzazione lanciare una "campagna mondiale a favore dell'aborto o della sua legalizzazione generale". Anzi, Amnesty "non esprimerà giudizi sul fatto se l'aborto sia giusto o no".